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Giovanni di Zebedeo e Ireneo di Lione (2)

Ultimo Aggiornamento: 07/10/2013 18:47
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Città: PIAN DI SCO
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07/10/2013 18:47

Dunque, le notizie “storiche” su Giovanni di Zebedeo provengono da Ireneo di Lione, il quale scrive, nel 180 d.C., il suo “Adversus haereses” (Contro le eresie).
Questo è un libro polemico e nella polemica e facile dire e scrivere azzardi.

Ireneo è anche l’inventore della cosiddetta “successione apostolica”, dottrina secondo la quale i vescovi sarebbero i designati successori degli apostoli.
Ovviamente non esiste niente nel NT che possa confermare una tal dottrina; basti pensare che i dodici apostoli avevano la funzione precisa, unica e non trasmissibile, di essere “testimoni” di Gesù (Atti 1, 8) e della sua risurrezione (Atti 1, 22) e che nessun vescovo poteva ricevere per successione la facoltà di essere “testimone della risurrezione di Gesù”.

E’ interessante, perciò, chiedersi da dove Ireneo avesse tratto le sue informazioni circa l’apostolo Giovanni: niente, infatti, si trova nel Nuovo Testamento.
Forse da Policarpo e Papia?
Se realmente Giovanni fosse vissuto fino alla fine del I secolo o addirittura fino ai primissimi anni del II, allora Policarpo e Papia potrebbero aver conosciuto l’apostolo e quindi essere fonti sicure di informazione.

Ma Papia, in un frammento tramandatoci dallo storico Eusebio, dice chiaramente di non aver mai conosciuto l’apostolo Giovanni.

E di Policarpo, per quanto ne voglia dire Ireneo, è troppo strano che non faccia mai nessun accenno al suo maestro Giovanni di Zebedeo.
Nella sua lettera ai Filippesi, Policarpo parla di esempi di fede e di vita cristiana ma non accenna mai nemmeno lontanamente a Giovanni.
E poi, tra le molte citazioni dal Nuovo Testamento da lui fatte nella medesima lettera ai Filippesi, ve ne sono molte dai sinottici e molte da Paolo, ma solo una da Giovanni (I Giovanni 2, 5): è molto strano che non citi quasi mai da quello che si dice sia stato il suo maestro.

Forse Ireneo ha tratto le sue informazioni da Ignazio vescovo di Antiochia? o forse da Clemente Romano?
Questi due ultimi personaggi sono all’incirca contemporanei di Policarpo e Papia, ma leggermente più antichi per cui potrebbero benissimo aver conosciuto l’apostolo Giovanni – beninteso, se Giovanni fosse davvero morto alla fine del I secolo!
Ebbene, anche da costoro nessuna notizia circa Giovanni di Zebedeo. Niente! assolutamente niente!
E allora?

E allora resta una sola possibilità: Ireneo ha tratto le sue informazioni su Giovanni direttamente dall’apocrifo gnostico “Atti di Giovanni”, che viene datato a metà del II secolo, 30 anni prima che Ireneo pubblicasse il suo “Adversus haereses”.
In questo apocrifo troviamo tutte le notizie circa Giovanni di Zebedeo che vanno per la maggiore: la sua morte in tarda età (dopo il regno di Domiziano, che muore nel 96); la sua dimora a Efeso; la sua verginità; molti fantastici “miracoli” (più fantastici che miracoli!) da lui compiuti.

Intorno alla metà del II secolo c’è la massima fioritura dello gnosticismo cristiano, con la sua spiccata simpatia per Giovanni, il cui modo di scrivere essendo molto diverso sia dai sinottici che da Paolo: è piuttosto filosofico, quasi esoterico (basti pensare al cap. 6 del suo vangelo, con i discorsi sul pane della vita).
Giovanni viene quasi “adottato” dagli gnostici, e lo sarà da anche da tutte quelle formazioni esoteriche che si succederanno nella storia, come ad esempio la massoneria e prima ancora i Templari.

Ed è molto sorprendente che la “chiesa ufficiale” abbia fatto man bassa di tantissime notizie e pensieri provenienti proprio dal mondo gnostico, mondo che, “ufficialmente”, veniva contemporaneamente apertamente condannato.
Ma in fatto di doppia morale, la Chiesa Cattolica è stata un asso fin dall’inizio. Ireneo di Lione è l’artista che ha gettato le basi per quella costruzione politico-religiosa che avrebbe dominato l’intero Medioevo.

Due parole sulla doppia morale cattolica.
Un autore cattolico, parlando del dogma dell’Assunzione, scrive: “… la bolla di Pio XII con la quale è stato promulgato il dogma … prende in considerazione unicamente testi liturgici, i teologi, e la fede della Chiesa, e non contiene neanche un’allusione agli Apocrifi” (Gli evangeli apocrifi, Massimo, Milano 1964, p. 96).
Già!
Peccato però che testi liturgici, teologi e fede della Chiesa avessero già fatto man bassa del contenuto degli apocrifi.





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