E - I titoli dati a Gesù: Figlio dell'uomo

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AlfredoGennari
00sabato 27 giugno 2015 18:50
IL FIGLIO DELL’UOMO

In realtà questa espressione non significa altro che “uomo”, cioè un appartenente alla specie umana. Viene infatti usata spesso proprio per indicare l’essere umano, in quanto diverso da qualsiasi altro essere, animale o angelo che sia. E’ un’espressione semitica che significa semplicemente “uomo”.
Il profeta Ezechiele usa questa espressione ben 93 volte e sempre in riferimento a sé stesso.

E’ con Daniele che questa espressione assume un valore più particolare e precisamente in 7, 13:
... ed ecco venire sulle nuvole del cielo uno simile a un figlio d’uomo ...

Di lui Daniele dice che gli fu dato dominio, gloria e regno e che questo sarebbe durato in eterno.
Questa visione segue quella delle quattro bestie descritte nei precedenti versetti.
Daniele chiede spiegazioni (v. 16) circa questa visione e di quella delle quattro bestie.

Gli viene risposto (vv. 17-18) che le quattro bestie rappresentano quattro regni dominanti sulla terra e dopo di essi
... i santi dell’Altissimo riceveranno il regno e lo possederanno per sempre, eternamente (v. 18).
Quindi la spiegazione è che il “figlio d’uomo” del v. 13 simboleggia “i santi dell’Altissimo” del v. 18.

Chi sono i “santi dell’altissimo”? Certamente si tratta del popolo di Dio, che riceverà il regno eterno e sappiamo che lo riceverà con Cristo.

Qualcuno pensa che questo “figlio d’uomo” sia una angelo o, comunque, un essere spirituale.
Ma ciò è da escludere.
Infatti Daniele è un libro che rientra in quel genere di letteratura, ebraica, chiamata “apocalittica” e una delle caratteristiche principali di questa letteratura è l’uso di immagini per esprimere determinati concetti. L’esempio che conosciamo meglio è Apocalisse di Giovanni ma ci sono molti altri libri sorti nell’ambito del giudaismo a partire dalla deportazione babilonese. Daniele è il primo di questo genere e ad esso va accostato anche Ezechiele.

Dunque Daniele fa una specie di filosofia della storia, parlando di imperi dominanti ai quali seguirà un regno eterno; e lo fa usando immagini: per gli imperi usa immagini di bestie spaventose, per il popolo di Dio che avrà il regno eterno usa l’immagine di “uomo” mediante l’espressione “figlio d’uomo”.
Quindi niente esseri angelici ma semplicemente un popolo, il popolo di Dio.

Il fatto che Gesù usi per sé stesso questa immagine, significa che egli si ritiene il “titolare” di quel regno eterno profetizzato da Daniele e, poiché il NT ci presenta la chiesa come corpo di Cristo, possiamo facilmente comprendere che in Gesù è la chiesa, nuovo popolo di Dio, a regnare eternamente.

In Gesù, dunque, si concretizzano tutte le attese e tutte le speranze formatesi in secoli di predicazione profetica nell’ambito del popolo di Dio; popolo che prima aveva una connotazione etnica che, quasi, si risolve nell’uomo Gesù di Nazareth, come se tutto il popolo ebraico si fosse concentrato in lui.
Ed è a lui che il regno eterno viene dato, lui è il “figlio d’uomo” di Daniele 7, 13. In lui è l’uomo, il semplice uomo, e non organizzazioni di qualsiasi genere, ad essere depositario del regno eterno.
I tre vangeli sinottici semplicemente prendono atto di questo fatto: è Gesù stesso ad applicare a sé questo titolo, nessun altro lo chiama in questo modo, e ciò costituisce un’altra particolarità che, insieme alle altre già notate in altre situazioni, rende Gesù una persona assolutamente unica.

CONSIDERAZIONE - C’è da chiedersi perché Gesù non usasse definirsi “Messia”, come lui stesso riconosce di essere in Giovanni 4, 25 parlando con la donna samaritana. Lui era, in effetti, l’atteso Messia e avrebbe potuto benissimo definirsi come tale sia parlando con i discepoli che con la gente in generale.
C’è una spiegazione.
Il Messia atteso da tutti gli Ebrei (vedi Giovanni 1, 41) era collegato con l’idea di gloria che lo avrebbe accompagnato nello stabilire il regno di Dio. Il Messia avrebbe, nell’immagine collettiva degli Ebrei, ristabilito il regno di David, avrebbe debellato i nemici di Israele, avrebbe condotto il popolo di Dio alla vittoria su tutti gli altri popoli.

Ma non era questo il piano di Dio. Il profeta Isaia presenta un immagine totalmente diversa da quella popolare, l’immagine del servo sofferente del cap. 53.
Ecco dunque che Gesù, consapevole della sua missione, sceglie per sé l’immagine di “figlio dell’uomo”, cioè “uomo”, perché l’uomo è strettamente collegato con la sofferenza e lui era venuto per vincere il male, sì, ma passando attraverso la sofferenza propria e non attraverso la distruzione dei nemici.
Certamente Gesù è un uomo tutto speciale nel contesto dell’umanità per cui anche questa espressione diventa particolare in quanto tutta particolare è la sua venuta in mezzo all’umanità come anche la sua missione. E’ lui che tornerà e darà il via alla nuova umanità con la risurrezione di tutti noi.
Ecco allora che , nei vangeli, l’espressione diventa quasi un nome proprio che Gesù applica a sé stesso e che lo distingue da tutti gli altri esseri umani.




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