Storia di una traduzione 3

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AlfredoGennari
00venerdì 31 agosto 2012 22:09
o, meglio, storia della traduzione di una parola
“paraklètos”: persona chiamata in aiuto che, quindi, diventa soccorritore, intercessore, mediatore, difensore.

Non è una novità il dire che la Parola di Dio contiene in sé tutti gli elementi adatti a spiegare l’evoluzione del suo insegnamento. Dalla Genesi in poi gli insegnamenti di Dio agli uomini si susseguono crescendo di quantità e di complessità a mano a mano che l’uomo del popolo di Dio evolve la sua cultura.
E così il nostro termine, che viene usato dall’apostolo Giovanni, contiene in sé tutte le sfaccettature di significato acquisite nel corso della rivelazione della Parola di Dio.

La disubbidienza di Adamo aveva creato uno stato di incomunicabilità fra uomo e Dio, il rapporto era stato distrutto e andava ricostruito, così Dio aveva promesso in Genesi 3, 15.
La ricostruzione è stata progressiva e sarebbe arrivata a completezza con la venuta di Gesù, vero e completo intercessore e mediatore.
Nel frattempo Dio si è servito di altri mediatori, umani e spirituali. Mediatori che erano anche intercessori presso Dio a favore del popolo, il quale non aveva accesso diretto a Dio. Ho mostrato queste figure nel precedente post: Abramo, Mosè, Samuele, Geremia, Amos, uomini di Dio che hanno soccorso il popolo intercedendo a suo favore presso Dio; ma anche angeli hanno avuto questa funzione.

Il NT rende più esplicita e funzionale al massimo grado questa opera degli intercessori: Gesù, uomo, e lo Spirito Santo, spirito.
Se nel VT vediamo che l’opera degli intercessori si esplicava solo nei rapporti fra Dio e il Suo popolo (vedi i passi citati nel precedente post a proposito di Abramo e gli altri), i due veri “paraklètoi” agiscono anche come difensori dei credenti presso, spesso contro, il mondo e non solo presso Dio.

Non si può certo chiamare Gesù con l’appellativo di “consolatore”, né lo si può fare con lo Spirito Santo: i due “paraklètoi” non sono consolatori, sono mediatori, soccorritori, intercessori.

Gesù insegna ai suoi (i vangeli sono pieni dei suoi insegnamenti), lo Spirito ricorda loro tali insegnamenti (Giovanni 14, 25); Gesù parla contro gli attacchi farisaici difendendo i suoi discepoli, lo Spirito li sostiene suggerendo loro quel che devono dire (Giovanni 16, 8-10 / Matteo 10, 19-20). Quando Gesù se ne sarebbe andato, lo Spirito avrebbe fatto quello che Gesù aveva fatto mentre era sulla terra, cioè insegnamento e difesa (vedi i tre passi precedenti); salito al cielo, Gesù avrebbe interceduto presso il Padre a favore dei suoi (I Giovanni 2, 1 / Matteo 10, 32-33).

Giovanni quindi trova tutto un insegnamento biblico presente nel VT per poter spiegare l’opera dello Spirito.
Non solo, trova anche i vocaboli (vedi post precedente) adatti per designare lo Spirito stesso: paraklètos (greco) e peraqlit (ebraico), esprimono in modo completo quella che è l’opera dello Spirito nei discepoli, non solo nei 12 ma anche in tutti quelli dei secoli successivi fino a noi oggi.

Che sia consolante sapere che c’è qualcuno, lo Spirito Santo, che ci difende e ci aiuta e ci suggerisce come parlare e come agire, siamo tutti d’accordo; ma che la funzione dello Spirito Santo sia quella di consolare è assolutamente fuori luogo pensarlo.
La consolazione è solo un prodotto secondario dell’azione dello Spirito.
Lo Spirito Santo non consola ma insegna, suggerisce, mostra come stanno le cose, intercede.















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