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Dunque. Giovanni si trova confinato sull’isola di Patmos, che i Romani usavano come luogo di confino o di prigionia per chi, in qualche modo, si fosse rivelato pericoloso per lo Stato.
E Giovanni lo era.
Fino a qualche anno prima, i cristiani erano considerati una setta ebraica e come tali venivano trattati. Ad esempio, nel 49 l’imperatore Claudio, zio di Nerone, aveva espulso da Roma tutti i Giudei perché ritenuti responsabili di disordini avvenuti nella città. Anche i cristiani ebrei, come Aquila e Priscilla, furono espulsi (vedi Atti 18, 2).
Al tempo di Nerone, però, i cristiani erano ritenuti un gruppo a sé stante e quindi da trattare con modalità diverse da quelle praticate verso gli Ebrei.
E’ sicuramente questa una novità che pesò molto sulla vita delle comunità cristiane, e quando Nerone scatenò la sua persecuzione contro di loro, la sorpresa e lo sconcerto furono grandi.

Giovanni, allora, su visioni dategli dallo Spirito, spiega ai suoi fratelli il perché della situazione inserendola in un contesto storico più vasto: quello dell’azione del male, Satana, contro la verità, cioè Dio.

Giovanni dice subito il suo nome (Ap. 1, 1), non si nasconde dietro personaggi importanti del passato, come erano usi fare gli scrittori apocalittici; e dice subito anche da chi riceve le visioni, cioè da Gesù Cristo.
Quindi aggiunge (v. 4) i destinatari della rivelazione, e cioè le “sette chiese che sono in Asia”, di cui scrive i nomi al v. 11.
Il resto del cap. 1 parla dell’autore della rivelazione; quindi, nei capp. 2 e 3 parla delle sette chiese, riportando i contenuti delle lettere loro relative.

Non è ancora iniziata la rivelazione “delle cose che devono avvenire in breve” (1, 1); prima, Giovanni riceve la visione di quella che vien chiamata “la corte celeste” e che viene descritta nei capp. 4 e 5. Così facendo, Giovanni dà valore al suo scritto perché lo fa provenire dal “luogo” in cui abita Dio e Suo Figlio, l’Agnello.

Quindi inizia la rivelazione, al cap. 6, con l’apertura dei sette sigilli da parte dell’Agnello, l’unico degno di farlo perché proprio lui ha saputo sanare, con la sua morte e risurrezione, la situazione di profonda disarmonia che la disubbidienza di Adamo aveva provocato fra l’umanità e Dio.

Due parole su quella che vien chiamata “la corte celeste”.
Giovanni “vede”, i profeti hanno delle “visioni” che vengono da Dio.
Realtà spirituali. Quello che qui Giovanni “vede” sono realtà spirituali che deve descrivere con un linguaggio materiale come sono tutti i linguaggi degli uomini. Anche Paolo, come Giovanni, “fu rapito” (Ap. 1, 10 e II Corinzi 12, 2) e dice che “udì parole ineffabili”, quindi non riferibili. E Giovanni, infatti, usa sempre espressioni del tipo “come” (Ap. 4, 1.6.7), “simile a” (Ap. 4, 3 due volte.7 tre volte); questo solo per il cap. 4.
Il significato è chiaro: le realtà spirituali non sono compiutamente esprimibili con i linguaggi umani ma solamente sono paragonabili a qualcosa che la nostra esperienza conosce.

I 24 anziani. Simbolo con cui Giovanni esprime il popolo di Dio. Tutto il popolo di Dio, il vecchio – Israele – e il nuovo – la chiesa. 12 erano le tribù di cui si componeva il vecchio popolo, 12 gli apostoli di Gesù, testimoni del Risorto (Atti 1, 8) da cui viene la chiesa di tutti i tempi.
La completezza del Suo popolo è vista da Giovanni accanto a Dio nel simbolo dei 24 anziani.

Le quattro creature viventi. Anche la completezza della natura è vista, in questo simbolo, accanto a Dio. Animali selvatici (leone), domestici (vitello), umanità (uomo) e volatili (aquila), quindi la totalità della natura, sono “in mezzo e intorno al trono” e inneggiano a Lui come dicono, ad esempio, i salmi 19 e 104.

Quindi Giovanni accredita ciò che scrive con la visione di Dio, dell’Agnello, lo Spirito di Dio, il popolo di Dio e la creazione di Dio: il mondo dello spirito, il mondo di Dio, dà pieno valore e massima credibilità alle parole dell’apostolo.
[Modificato da AlfredoGennari 22/01/2013 11:49]