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Introduzione generale ai Vangeli

Ultimo Aggiornamento: 30/09/2012 13:55
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27/07/2012 13:00

Ho visto che nel forum sono in programma studi che comprendono in modo particolare i Vangeli. Personalmente trovo che ciò sia bellissimo. Si parla delle fondamenta della fede, della possibilità di assaporare la vibrante e autentica voce di Gesù. Perdonatemi quindi se, con ciò che ho intenzione di fare, esaurirò la logica quantità di pazienza che potete avere nei miei confronti. Farò un' invasione di campo. Sono pronto all'espulsione, revocatemi la tessera del tifoso, ma sono un sfegatato fan dei Vangeli...

Cos'è un vangelo?

Secondo Marco, l'uso della parola “vangelo”, o il suo corrispondente in ebraico, per indicare la predicazione di Gesù, risale a Gesù stesso. Vangelo è la Buona Notizia ed è Buona Notizia da parte di Dio perché è “vangelo di Dio” (Marco 1;14). Gesù porta la Buona Notizia da parte di Dio e in nome di Dio. Emerge dal contesto che tale Buona Notizia è il Regno di Dio e il suo avvento. E' una Buona Notizia che parla di salvezza più che di giudizio, chiunque crederà in Cristo sarà da lui salvato, la morte e il peccato non vinceranno.

Proviamo a chiederci che cosa poteva intendere la gente di allora con la parola vangelo. La parola ebraica a cui si fa riferimento è: besoràh, che vuol dire buona notizia ma la parola greca euanghèlion che traduce la parola semitica che valore aveva a quell'epoca? E' una parola non comune che indica la ricompensa dovuta a colui che porta una buona notizia. Ai tempi di Gesù euanghèlion era parola usata per indicare l'inizio di un periodo di felicità sulla terra dovuta, magari, al governo dell'imperatore regnante. Ecco allora che il fausto giorno dei natali del dio Augusto (23 settembre 63 a. C.) sono per il mondo il principio degli euanghèlia.
Se consideriamo che gli ebrei attendevano da tempo la venuta del Messia, salvatore di Israele, vediamo, allora, che fra la concezione pagana della felicitas temporum e le aspettative ebraiche circa il Messia vi sono delle corrispondenze ma anche valenze diverse.
Gesù proclamando la besoràh di Dio, lascia intendere che la buona notizia proviene da Dio perché il tempo è compiuto, questo è il tempo della salvezza, egli annuncia. Era un concetto facile da capire, da parte delle persone del tempo, ma che poteva essere difficile da accettare. Con un suo intervento, Dio cambia la storia che, da questo momento in poi, seguirà un percorso diverso, i tempi messianici sono giunti e Dio conforta il suo popolo con l'invio del suo “Unto” che porterà al mondo la Buona Notizia della salvezza.
Vangelo è, per questo motivo, la predicazione di Gesù e la sua vita, i suoi miracoli e la sua morte, la sua resurrezione e la sua promessa di un “altro consolatore” che egli avrebbe mandato. Attualmente la parola definisce sia il messaggio del cristianesimo sia i libri contenenti la vita di Cristo.
Per quanto detto prima risulta chiaro non ci sono quattro vangeli ma un unico vangelo/besoràh/euanghèlion, un'unica Buona Notizia. A questo riguardo vedi: Romani 1;1 e Romani 1;16 I Tessalonicesi 2;2-9 I Timoteo 1;11 Marco 1;1
Nel 180 d.C. Ireneo, vescovo di Lione così scrive del quadruplice vangelo: Vi sono quattro angoli del mondo e quatto venti, quattro sono i punti cardinali e quindi è naturale che la chiesa universale poggi su quattro pilastri e che questi pilastri siano i Vangeli (Contro le Eresie iii;11,8)
E' solo nel periodo post-apostolico (150 d.C. Giustino Martire, Apologia 1;66) che il termine euanghèlion indicò anche gli scritti nei quali quattro diversi autori che rendono testimonianza di Gesù. Ciascuno di questi quattro scritti prese il nome di Evangelo ed egualmente Evangelo si chiamò l'insieme dei quattro scritti.
I quattro Evangeli non sono opere storiografiche secondo i nostri moderni criteri occidentali. Non sono rispettosi della cronologia degli eventi e, pur avendo una stessa prospettiva generale, ogni libro ha le sue proprie caratteristiche, determinate sia dal fine che si proponeva l'autore sia dai lettori ai quali esso si rivolgeva. Non sono opere biografiche, mancano troppe informazioni sulla vita di Gesù. Sono scritti che hanno lo scopo di aiutare i credenti e condurre i peccatori alla fede. E' Giovanni in particolare a dichiarare i suoi scopi (Giovanni 20;30-31 e 21;25) e il motivo per cui il suo resoconto è incompleto e malgrado ciò esaustivo, cioè rispondente allo scopo.
Attenzione, il fatto che i Vangeli non sia un'opera storica e che le tappe della predicazione di Gesù non sono ricostruibili passo per passo, non vuol dire che essi non siano documenti storici.
Quando un evangelista cominciò a scrivere e a riordinare gli eventi della vita di Gesù, aveva già chiara un'idea di chi fosse Gesù e del valore che aveva la sua vita per la Chiesa e per tutti coloro che in futuro si sarebbero rivolti a quella Via. E' certo, egualmente, che per scrivere cercò di documentarsi e parlò con testimoni oculari. Giovanni e Matteo, essendo apostoli, sono essi stessi testimoni di quasi tutti gli eventi del ministerio di Gesù perché erano stati con lui fin dal principio (Atti 1;21-26).
Marco e Luca sono invece dei ricercatori, sono stati anche loro testimoni oculari di alcuni avvenimenti ma per rendere più completa la serietà e la veridicità della propria narrazione si sono affidati ad una accurata ricerca delle fonti e alla raccolta delle testimonianze dirette di chi quei fatti li vide e li visse (Luca 1;1-4 e Atti 1;1-2).
I quattro racconti non sono uguali e divergono su diversi punti, perché? Perché non era sufficiente un unico, dettagliato e fedele resoconto? Se avessimo avuto un unico racconto saremmo tutti autorizzati a credere di possedere l'intera teologia di Gesù. Il suo pensiero autentico sul mondo e su Dio. Invece, abbiamo diverse interpretazioni del suo pensiero, ognuna può portarcene solo una parte. E il fatto stesso che ognuna è solo una parte lascia la sensazione che anche la loro somma, per altro non sempre facile a farsi, non possa alla fine essere completa. Questo non è un punto debole ma paradossalmente è proprio in questo che si radica un aspetto, e fondamentale, della grandezza del messaggio di Gesù. Esso finisce per superare le barriere del tempo in cui fu proclamato, perché esso è al tempo stesso chiarezza e mistero. Al di là delle singole versioni dei Vangeli si intuisce una Parola che va al di là del significato proposto dal singolo evangelista; una fiducia in Dio che va al di là di ogni definizione storica.
Parlare dei Vangeli di Gesù è sempre scrivere un nuovo Vangelo, quello non scritto su pagine di carta ma sulla materia vivente dei nostri cuori. È sui fili dell'ordito della nostra anima che dobbiamo ricamare le parole di Gesù o, meglio ancora, la Parola.

...ma a tutti quelli che lo hanno creduto in lui, Dio ha fatto un dono, il dono di diventare figli di Dio. Non sono diventati figli di Dio per nascita naturale o per volontà di uomo: è Dio che ha dato loro la nuova vita. Colui che è la Parola è diventato uomo e ha vissuto in mezzo a noi e noi abbiamo contemplato il suo splendore divino. Lo splendore del Figlio Unigenito di Dio, pieno di grazia e di verità (Giovani 1;12-14).

che Dio vi benedica. La prossima volta studieremo le differenze tra i Vangeli Sinottici e il Vangelo di Giovanni.
Giovanni Albani
Giovanni Albani
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