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Se talvolta abbiamo dubbi sull'occasione per cui un libro biblico è stato scritto, non ce ne sono per l'epistola ai Galati.
I primi capitoli dell'Epistola sono chiari: le chiese di Galazia (siano esse quelle del Nord o quele del Sud) hanno, a parere dell'Apostolo, abbandonato il Vangelo iniziale che gli era stato predicato.
Di cosa si tratta?
Nel resoconto che Paolo fa, egli ritiene che i Galati, dopo aver accettato il Vangelo della Grazia che non distingueva tra pagani ed ebrei, sono voluti ritornare all'ebraismo e, soprattutto, al legalismo ebraico.
In sintesi, vi erano dei credenti che provenivano da Gerusalemme (o che, comunque, dicevano di essere inviati da questa comunità) che cercavano di far rispettare regole di purità (proibizione di mangiare carni proibite dalla torah, abluzioni rituali prima del pranzo etc. etc.) ai pagani e di imporgli (oltre al battesimo) la circoncisione come un rito necessario per entrare nel mondo cristiano.
Questi credenti sono chiamati solitamente dagli studiosi "giudaizzanti", in quanto affiancavano al Vangelo di Cristo, le prescrizioni più che della Torah dei gruppi ebraici legalisti.
Per questo motivo Galati, per moltissimo tempo, è stata vista da coloro che la leggevano come la lettera che vede la rottura definitiva di Paolo con la legge del Vecchio Testamento. Come vedremo gli studiosi della cosiddetta nuova prospettiva su Paolo tendono ad attenuare questa contrapposizione ed a dire che Paolo, qui, non rompe con l'Antico Testamento in toto, ma con alcune varianti del Giudaismo del Secondo Tempio che si erano insinuate all'interno della Chiesa.
Vedremo che Galati, proprio per questa occasione ben precisa per la sua stesura, è una delle epistole paoline che dà più indicazioni sulle vicende biografiche dell'apostolo.